#STORIE - Magia, malasorte, religione e scaramanzia.

 Non ci credo, ma non si sa mai.

Non credo di essere mai stata una persona particolarmente scaramantica e nemmeno credente ma, volente o nolente, mi porto dietro l'atteggiamento scaramantico della mia città, a tratti quasi fatalista e sicuramente piena di rituali.
Lasciando che porto al collo sia un santino, una piccola croce, una chiave e un corno, e che su un braccio ho tatuato un sigillo medievale che letteralmente è un'invocazione alla fortuna: no, non sono una persona scaramantica. 
Passo sotto le scale, i gatti neri li rincorro, ma ho notato che quando cade l'olio o quando mi pungo un dito mentre cucio mi corre un lungo brivido lungo la schiena. 
Adesso prendete una giovane me e scaraventatela al Museo Archeologico di Napoli, una che si porta dietro mille aggeggi scaccia malocchio, come avrebbe mai potuto passare senza batter ciglio davanti ad una schiera di piccoli e delicati amuleti in avorio e osso?
Ovviamente sono rimasta lì buoni venti minuti, intenta a leggere e studiare cosa fossero e a cosa servissero.
Et voilà, mesdames et messieurs, il fasciunus fascinum un simpatico aggeggino di forma fallica che, circa duemila anni fa, ogni dama romana da bene portava con se o appendeva in casa a scacciare la malasorte.
Amuleto fallico ritrovato nel sito archeologico di Omrit, nel nord di Israele.

La distinzione tra magia, religione e rito era molto labile all'epoca, e sinceramente credo sia molto indefinita anche adesso. 
Alla magia ci si rivolgeva quando non si poteva ottenere un risultato dalla religione ufficiale, o quando talune richieste erano disdicevoli o addirittura proibite dalla legge.
La magia, quindi.
Per raggiungere i suoi scopi la magia poteva agire direttamente o indirettamente.
Nel primo caso il risultato, quello che insomma si era chiesto come grazia o come favore o come speranza, si otteneva col compimento del rito stesso - come se andaste ad accendere un cero o toccaste ferro o faceste le corna, per intenderci!
Nel secondo, l'atto magico serviva invece ad evocare uno o più intermediari (un po' come adesso noi chiediamo una grazia a San Gennaro, pressappoco eh!) e il raggiungimento dello scopo prefisso avveniva poi grazie al loro intervento.
Le pratiche dirette rientrano nella magia simpatica, dove il beneficio si concretizzava attraverso il contatto con un oggetto dotato di qualità magiche, e dove l'applicazione del rito effettuata su di un oggetto ricadeva sulla persona al quale era appartenuto, mentre le pratiche indirette si collocano invece all'interno della magia simbolica, i cui riti magici riproducevano mediante una rappresentazione distante e quasi teatrale, attraverso l'impiego di simboli, formule e feticci, ciò che si desiderava ottenere.
Nella magia simpatica venivano impiegati anche gli amuleti, oggetti con proprietà protettive e terapeutiche, che scacciavano le influenze maligne e preservavano dalle malattie chiunque li avesse indosso. La loro efficacia poteva risiedere sia nella materia prima di cui erano composti, che nella loro forma e nella presenza di particolari immagini ed iscrizioni. Si tratta di pietre, metalli, piante, animali, anche solo alcune loro parti, ed oggetti appositamente costruiti e confezionati, composti talvolta da più elementi diversi, che combinati ne accrescevano il potere.
Me ne vengono in mente infiniti, dalle coccinelle portafortuna, i ferri di cavallo o degli oggetti speciali che noi stessi carichiamo di significato e che teniamo costantemente e gelosamente custoditi perché certi che ci aiutino o ci proteggano.

Mano pantea di Sabazio (da Lane, Vermaseren 1983-1989).


Mi vengono in mente i santini, la mattonella che si tramanda da madre in figlia da generazioni, la particolare posizione della statuetta a forma di gufo in casa o addirittura la miriade di oggetti esotici messi in casa a protezione dagli occhi degli estranei!
In casa mia ce ne sono davvero tanti, da tutte le parti del mondo e provenienti dalle culture più diverse.

Ad esempio anche un semplice nodo poteva servire da dissipatore  di sfighe e protezione dalle ingiustizie del Cosmo.

Il termine amuletum compare per la prima volta in Plinio, il quale, anche esprimendo un giudizio negativo nei riguardi della magia, inserisce nella sua opera una serie di rituali magico-religiosi molto dettagliati, giungendo addirittura a consigliare l'adozione di amuleti in tutti quei casi considerati incurabili dalla medicina ufficiale. Non vi è tuttavia contraddizione in questo suo aperto scetticismo. Infatti, Plinio, mentre condanna tutti i riti magici complessi, ripugnanti e stravaganti, adotta allo stesso tempo comportamenti da magia positiva, una serie di abitudini e riti che erano entrati ormai nel patrimonio della religione romana e perciò considerati sacri, in quanto volti a proteggere la persona ed utili ad una sua sopravvivenza spirituale e sociale.

1- Rilievo marmoreo contro il fascino (da Lafaye 1896); 2- collana apotropaicacomposta da vari amuleti (da Labatut 1877).

Gli amuleti venivano impiegati anche e soprattutto per contrastare il fascinum, ovvero quel particolare tipo di influenza negativa - quando uno dice che ha gli occhi addosso!- che, secondo la credenza popolare, per essere esercitata non necessita di alcun rituale o cerimonia e che può addirittura essere involontaria - precisamente, quante volte le vostre nonne vi hanno raccomandato di non dire o fare qualche cosa perché portava male? Questi malefici vengono innescati da parole imprudentemente pronunciate o viceversa dette solennemente e a voce alta volontariamente (fascinare lingua), ma è soprattutto con lo sguardo che si ottiene l'influenza negativa (oculus malignus, il malocchio) - qui perdonatemi, ma devo per forza triare in ballo Harry Potter e il celeberrimo malocchio di Piton sulla scopa di Harry e quei decerebrati che gli danno fuoco quando in realtà avrebbero fatto bene a guardarsi da Raptor: facile prendersela con quello cupo e vestito sempre di nero che svolazza col mantello per il castello! 
Si tratta di una credenza profondamente radicata nella popolazione ed anche tra gli uomini di cultura, accanto agli scettici, c'era chi ammetteva l'esistenza del fascinum. ln primo luogo troviamo Democrito, ma una spiegazione razionale al malocchio compare pure presso autori posteriori, come Plutarco ed Heliodoro. 
Tra le leggende raccolte e tramandate dagli scrittori alcune sono legate al malocchio e ai suoi terribili effetti. Si credeva, ad esempio, che gli antichi abitanti della regione del Ponto avessero il potere di provocare danni terribili con lo sguardo, con il fiato e con il suono della voce. Inoltre, questa volta la notizia è riportata da Plinio, anche in Africa esistevano famiglie di incantatori, le cui formule magiche potevano far perire le greggi, seccare gli alberi e morire i bambini. Analoghe famiglie, i cui membri avevano due pupille in ogni occhio, potevano gettare il malocchio anche solamente con lo sguardo ed il loro potere era terribile. Anche i Tibi del Ponto avevano in un occhio una doppia pupilla, mentre nell'altro si trovava invece l'immagine di un cavallo. Infine, oltre allo sguardo, al fiato ed alla voce, si poteva provocare il malocchio attraverso altre vie, come nel caso dei membri una stirpe etiopica, il cui sudore portava alla consunzione i corpi che toccava.

Aggiungiamoci le persone con i capelli rossi, chi è eterocromo, o qualcuno che abbia qualche altra peculiarità fisica, mischiamo tutto in un calderone di luoghi comuni et voilà, una nuova generazione di streghe e maghi pronti a devastare il mondo.

Se solo pensate che l'occhio del diavolo, l'occhio azzurro che si riporta dalla Grecia e dalla Turchia come souvenir è in realtà uno scaccia malocchio cucito addosso alle persone con gli occhi chiari, diciamo che ne abbiamo di aneddoti esoterici da raccontare.
Quando l'ho scoperto ci sono rimasta un po' male, perché ho gli occhi chiari, ma poi m iosno affezionata all'idea di fare la strega! 

Ma torniamo al nostro amuleto, quello che mi ha tenuto inchiodata per venti minuti buoni di fronte ad una vetrina.
Manufica, Xilografia, Italia circa 1850 © Fototeca Gilardi

Per contrastare il malocchio, occorreva qualcosa che distogliesse l'attenzione, lo sguardo infame e malefico, ci serviva insomma la versione tascabile di Aragorn sotto il Nero Cancello che distrae Sauron e lascia libero Frodo che può proseguire. A questo scopo venivano spesso usati gesti e amuleti indecenti o ridicoli, talvolta accompagnati da parole e motti che ne aumentavano il potere protettivo.
Un gesto frequentemente usato per stornare il fascinum e spesso raffigurato sugli amuleti consiste nel chiudere a pugno la mano stringendo il pollice tra l'indice ed il medio. 
Il segno distintivo dei fascinus  è certamente la presenza su molti di essi di una manus obscena incisa su una delle estremità. La manufica (sì, si chiama così), come anche viene generalmente chiamata, è da intendere nel nostro caso come un segno rafforzativo del valore scaramantico del fallo stesso.
Il gesto, infatti, del pugno chiuso con il pollice posto tra indice e medio, è risultato essere uno dei più antichi simboli porta fortuna; alcuni studiosi lo fanno risalire al popolo egizio. Ancora adesso è usato in molte zone del nostro paese, col medesimo significato.
Si poteva ottenere il medesimo risultato sputando tre volte per terra (lo dicono i libri, eh!).

1- Solíera (MO), loc. Limidi, via Limidi: Priapo accucciato, applique bronzea;   2 - Fabbrico (RE), pod. San Pietro, via Bonífica: amuleto fallico in bronzo;



3-4. Finale Emilia (MO), loc. Massa Finalese, pod. Il Motto: amuleti fallici in bronzo.

Gli amuleti a forma di fallo sono un evidente richiamo al dio Priapo, la cui figura divina ne rappresenta la proiezione teomorfica, quale simbolo di procreazione e godimento, estesi ad ogni aspetto della vita quotidiana. Una forza creatrice e generosa, dalla quale scaturisce incontrollabilmente la vita.
Della funzione protettiva ed apotropaica assegnata all'immagine del fallo, che poteva essere scolpito, modellato o dipinto e spesso veniva appeso, ed in questo modo portato anche al collo (da domani tutti con quest'amuleto, vi raccomando!), rimangono infiniti esempi. Numerose e varie attestazioni si trovano a Pompei ed Ercolano, tra cui, ad esempio, immagini scolpite: un esemplare a tutto tondo incastrato nel muro di un vicolo a Pompei; due raffigurazioni sul forno del panificio di Sextus Patulcus Felix ad Ercolano; un fallo alato in una nicchia di una casa pompeiana; infine, su di un insegna di Pompei ben quattro falli circondano un bossolo per dadi.

Dopo tutto questo parlare di falli, manufiche, rituali, gesti e parole magiche mi sento solo di dirvi: qualsiasi cosa toccate ferro, fate le corna e puntatele verso il basso, che altrimenti porta male, ma soprattutto appendetevi al collo un cornicello, uno di quelli rossi, basta che abbia la punta consumata, perché mi hanno detto che altrimenti non funziona.

In realtà non ci credo davvero, ma non si può mai sapere, posso sbagliarmi.







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